martedì 29 giugno 2010

L’insostenibile leggerezza … di un Vice-Sindaco

i fanghi dello "sviluppo"...




Alle nostre richieste di documentazione relative ai recenti spargimenti di fanghi in zona “Vitalaccia”, ci risponde il Vice-Sindaco Mingozzi: va tutto bene! tutto è controllato e con “le carte a posto”.

I fanghi sospetti? Roba da cure termali o da spalmare sul viso! è il tono della risposta. A chi chiedeva documentazioni puntuali e dati analitici, si è risposto con un elenco di leggi, linee-guida e classificazioni standard dei materiali; garantendo d’ufficio che tutto è stato rispettato.

martedì 15 giugno 2010

Tangenti, blitz della Finanza in manette un funzionario Enìa


Quattro persone sono state arrestate per corruzione nell'ambito dell'operazione 'Green money', condotta nelle ultime ore dalla Guardia di Finanza di Parma in città e provincia. Si tratta di Nunzio Tannoia, funzionario dell'Enìa di Parma, e Alessandro Forni, Francesco Borriello e Gian Luca Allodi, tre imprenditori, accusati di aver pagato tangenti per diverse migliaia di euro per aggiudicarsi appalti di manutenzione del verde pubblico assegnati a prezzi gonfiati


GUARDA Il video della consegna delle mazzette
(http://tv.repubblica.it/edizione/parma/tangenti-il-video-dello-scambio/48692?video=&pagefrom=1&ref=HREC1-6)

di MARIA CHIARA PERRI

La bustarella passa dalle mani dell'imprenditore a quelle del funzionario Enìa, seduto nel suo ufficio, e quell'appalto per la manutenzione delle aiuole diventa d'oro. Un collaudato sistema di corruzione è stato smantellato all'alba di oggi dalla Guardia di Finanza di Parma con l'arresto nelle proprie abitazioni di Nunzio Tannoia, nocetano responsabile del settore Atd della municipalizzata, e degli imprenditori Alessandro Forni e Gian Luca Allodi, residenti a Parma, e Francesco Borriello di Casal di Principe. Così si è chiusa l'indagine "Green Money", che dall'aprile del 2009 ha documentato, grazie ad intercettazioni ambientali e telefoniche, come ogni lavoro per il verde pubblico in città fosse assegnato a prezzi gonfiati a dismisura e previa consegna di cospicue tangenti.

mercoledì 5 maggio 2010

Ma qui i grillini litigano per i soldi e le poltrone

Sono i paladini dell'antipolitica. Eppure in Emilia Romagna, fra Bologna e Modena, il Movimento a 5 stelle è già alla resa dei conti.

Modena - Duri e puri nei loro comizi di piazza, sempre pronti a schierarsi contro i partiti definiti ingessati, vecchi e polverosi. Ma è bastata una poltrona contesa in consiglio regionale per rompere l’incantesimo e seminare il subbuglio tra i grillini del Movimento 5 Stelle, che adesso litigano tra loro e minacciano di spiaccicarsi a vicenda contro il muro. E’ accaduto tra Bologna e Modena, con l’intervento risolutore del leader carismatico Beppe Grillo. Uno dei due litiganti è stato messo fuori gioco dal leader genovese, ma il veleno scorre ancora a fiumi.

Tutto comincia dopo le elezioni regionali: il leader Giovanni Favia si presenta come capolista a Modena e Bologna. Viene eletto, ma deve decidere in quale città. I secondi arrivati, la modenese Sandra Poppi e il bolognese Andrea De Franceschi attendono un suo cenno e sperano. Favia fa decidere ai 40 delegati provinciali, che indicano De Franceschi. Fuori la Poppi. Apriti cielo. Il consigliere comunale modenese Vittorio Ballestrazzi grida all’ingiustiza sottolineando che la Poppi aveva raccolto più preferenze. Volano altre accuse nei confronti di Favia, Ballestrazzi ricorda le vicende della sua candidatura imposta a mezzo blog da Grillo. «Dov’è la democrazia?», chiede. Alla prima riunione regionale Ballestrazzi viene invitato ad andarsene. Poi è lo stesso Grillo a scomunicarlo ufficialmente, diffidandolo a parlare in nome e per conto del Movimento 5 Stelle. Favia rincara la dose: «Tutti da Modena mi sconsigliavano di dare credito a Ballestrazzi, che continua a mentire. Per questo è già partita un’azione legale contro di lui, visto, che mi accusa anche di voto di scambio».

venerdì 2 aprile 2010

Da Rimini l'ultima bufala di HERA

di Gianluigi Salvador

/Il volantino distribuito alle famiglie dei comuni della provincia di
Rimini/

“*Per i tuoi rifiuti c’è e-gate, una chiave che aiuta l’ambiente. *

Cari Cittadini,
nei prossimi giorni, nel nostro Comune, sarà attivato un nuovo progetto
di raccolta rifiuti che coinvolgerà gradualmente tutto il territorio
provinciale. Grazie alla vostra collaborazione, con questo progetto
potremo raggiungere risultati significativi nella raccolta differenziata
e nel recupero dei materiali.
Vediamo in cosa consiste. Nelle prossime settimane solo sui cassonetti
grigi per la raccolta dei rifiuti indifferenziati verrà montato un nuovo
sistema di conferimento. Si tratta di una calotta all’interno della
quale verranno buttati i rifiuti indifferenziati. Per aprire questa
calotta verranno distribuite delle chiavi elettroniche personalizzate
che permetteranno di contare e memorizzare il numero dei conferimenti
dei rifiuti indifferenziati. In questo modo ognuno di noi diventa
consapevole dei rifiuti indifferenziati prodotti e può aumentare la
percentuale di raccolta differenziata effettuata, aiutando l’ambiente e
il recupero delle risorse.
Per le altre tipologie di rifiuti differenziati non cambia nulla.
Come tutte le novità, anche questa inzialmente avrà bisogno di una fase
di prova, ma siamo sicuri che nei prossimi mesi il sistema diventerà
un’abitudine semplice, facile e soddisfacente per tutti.

Firmato
Gruppo Hera – ATO – Comune di …....”


martedì 2 marzo 2010

Facciamo il Punto sul Nucleare

(di Monia Benini)

Nel 1987 gli Italiani con un referendum avevano già detto no in modo molto netto al nucleare; nonostante questo, nel 2008 il Governo calpesta la volontà espressa dai cittadini, stabilendo il ritorno al nucleare in Italia; pochi mesi dopo, il Primo Ministro sigla con la Francia un accordo palesemente fuori legge, mentre l'ENEL – privatizzata – non si fa scrupoli già da qualche tempo a costruire in Europa dell'Est centrali nucleari con la stessa tecnologia dell'impianto di Chernobyl, prendendo atto che per la tanto decantata “quarta generazione” di impianti dovremmo attendere decenni.

Restando al territorio nostrano, in base alle indicazioni dei Decreti del Governo, avremmo già dovuto conoscere i siti dove saranno localizzate le centrali e stoccate le scorie radioattive, ma per la vicinanza dell'appuntamento con il voto in diverse regioni, per non scontentare l'elettorato, si è preferito rinviare tale indicazione a "tempi migliori". Anzi, come se per questo dovessimo essere più tranquilli, il sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia precisa che "Il percorso prevede che siano fissati dei «criteri per l’individuazione dei siti e di protezione della salute dei cittadini e dell’ambiente», e «da tali criteri si può fare una mappa dell’Italia individuando macro-aree idonee secondo il governo a ospitare una centrale, ma certo non a individuare un singolo sito». Ma quel che è peggio, in base a quanto dichiara Saglia, del luogo preciso di costruzione di una centrale «verremo a conoscenza quando un operatore chiederà al governo di certificare secondo le regole questo sito».

Nel frattempo i media e vari personaggi (non ultimo il prof. Umberto Veronesi) profondono i loro sforzi nello spaccio delle “verità” più opportune a sostenere il grande affare dell'atomo: il nucleare è necessario; il nucleare è sicuro; il nucleare renderà autonoma l’Italia dal punto di vista energetico; tutti paesi stanno investendo nel nucleare, ecc... Così, siccome per molte persone ciò che dice la tivù è “la realtà”, si assiste ad un lento ma inesorabile condizionamento del pubblico, sempre più aperto e disponibile nei confronti di una scelta tanto antieconomica e rischiosa. Come se ciò non bastasse, in molte diocesi italiane è stato distribuito materiale sponsorizzato da ENEL a sostegno del nucleare: sperando che le autorità religiose si siano accorte solo in seguito dell'astuto stratagemma della SpA, non ci sono invece attenuanti per i partiti che in Italia si dichiarano antinuclearisti e spingono per un nuovo referendum, votando poi a favore di decisioni pro nucleare in sede europea.

Sorge quindi spontanea una domanda: qual è l'affaire nucleare se c'è una simile corsa verso l'Eldorado dell'atomo? Documenti alla mano, a meno che per i costruttori/investitori non siano applicati meccanismi distorti e truffaldini come già avviene per la quota CIP 6 che versiamo nelle nostre bollette ENEL per le fonti di energia rinnovabile e che – tramite lo stratagemma della parola “assimilabile” - vengono ripartiti agli imprenditori che investono in inceneritori, centrali turbogas e biomasse, la costruzione di una centrale atomica e la rispettiva produzione di energia elettrica è antieconomica.

Da vent’anni il numero di centrali nel mondo è stabile (circa 440 impianti), e la stragrande maggioranza è costituita da vecchie centrali di seconda generazione (tipo Chernobyl e Three Mile Island). In Australia, dove sono localizzati i maggiori giacimenti di uranio al mondo, non è mai stato costruito alcun impianto nucleare. Per il funzionamento standard annuale di una centrale servono 160.000 tonnellate di materiale, che andrà riprocessato, in modo da poterne ricavare sole 160 tonnellate di uranio utile. Le 159.840 tonnellate di scarto saranno impregnate di prodotti chimici utilizzati per il riprocessamento e conterranno ovviamente isotopi radioattivi. Il costo dell’uranio e del plutonio, fonti esauribili, ha subito una notevole impennata, rendendo tutt’altro che economico l’approvvigionamento, che l'Italia dovrebbe garantirsi dipendendo ancora una volta dall'estero, dal momento che non possiede riserve significative di uranio.

Per non parlare della pericolosità di queste sostanze, che è molto elevata: ad esempio, basta inalare meno di un milionesimo di grammo di plutonio per sviluppare un cancro al polmone. Il tempo di dimezzamento della radioattività del Plutonio è 24.000 anni, mentre l’Uranio-235 ha un tempo di dimezzamento di 704 milioni di anni e l’Uranio-238 di 4,5 miliardi di anni. Sono quindi ridicole le proposte che mirano a risolvere il problema scorie attraverso il loro seppellimento (terra o mare) in cassoni di cemento armato, la cui deperibilità è riconducibile ad un ordine di grandezza di un centinaio di anni.

Perchè quindi non rispondere ai “nuclearisti” con le risorse – pulite e rinnovabili - di cui gode effettivamente il nostro Paese per la produzione di energia elettrica, che è il solo tipo di energia prodotto dalle centrali nucleari? Micro impianti idroelettrici, solare termico, fotovoltaico, eolico domestico consentirebbero un buon approvvigionamento energetico e una maggiore distribuzione delle fonti di produzione. Questo, insieme ad un ripensamento complessivo dei ritmi dei nostri consumi energetici e all'intervento sugli sprechi delle nostre abitazioni e delle strutture produttive, potrebbe costituire una risposta ai bisogni dei cittadini all'insegna di un benessere umano e ambientale, non soggetto ai costi, alle ripercussioni e ai rischi impliciti nel ritorno all'atomo.




Nel 1987 gli Italiani con un referendum avevano già detto no in modo molto netto al nucleare; nonostante questo, nel 2008 il Governo calpesta la volontà espressa dai cittadini, stabilendo il ritorno al nucleare in Italia; pochi mesi dopo, il Primo Ministro sigla con la Francia un accordo palesemente fuori legge, mentre l'ENEL – privatizzata – non si fa scrupoli già da qualche tempo a costruire in Europa dell'Est centrali nucleari con la stessa tecnologia dell'impianto di Chernobyl, prendendo atto che per la tanto decantata “quarta generazione” di impianti dovremmo attendere decenni.

Restando al territorio nostrano, in base alle indicazioni dei Decreti del Governo, avremmo già dovuto conoscere i siti dove saranno localizzate le centrali e stoccate le scorie radioattive, ma per la vicinanza dell'appuntamento con il voto in diverse regioni, per non scontentare l'elettorato, si è preferito rinviare tale indicazione a "tempi migliori". Anzi, come se per questo dovessimo essere più tranquilli, il sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia precisa che "Il percorso prevede che siano fissati dei «criteri per l’individuazione dei siti e di protezione della salute dei cittadini e dell’ambiente», e «da tali criteri si può fare una mappa dell’Italia individuando macro-aree idonee secondo il governo a ospitare una centrale, ma certo non a individuare un singolo sito». Ma quel che è peggio, in base a quanto dichiara Saglia, del luogo preciso di costruzione di una centrale «verremo a conoscenza quando un operatore chiederà al governo di certificare secondo le regole questo sito».

Nel frattempo i media e vari personaggi (non ultimo il prof. Umberto Veronesi) profondono i loro sforzi nello spaccio delle “verità” più opportune a sostenere il grande affare dell'atomo: il nucleare è necessario; il nucleare è sicuro; il nucleare renderà autonoma l’Italia dal punto di vista energetico; tutti paesi stanno investendo nel nucleare, ecc... Così, siccome per molte persone ciò che dice la tivù è “la realtà”, si assiste ad un lento ma inesorabile condizionamento del pubblico, sempre più aperto e disponibile nei confronti di una scelta tanto antieconomica e rischiosa. Come se ciò non bastasse, in molte diocesi italiane è stato distribuito materiale sponsorizzato da ENEL a sostegno del nucleare: sperando che le autorità religiose si siano accorte solo in seguito dell'astuto stratagemma della SpA, non ci sono invece attenuanti per i partiti che in Italia si dichiarano antinuclearisti e spingono per un nuovo referendum, votando poi a favore di decisioni pro nucleare in sede europea.

Sorge quindi spontanea una domanda: qual è l'affaire nucleare se c'è una simile corsa verso l'Eldorado dell'atomo? Documenti alla mano, a meno che per i costruttori/investitori non siano applicati meccanismi distorti e truffaldini come già avviene per la quota CIP 6 che versiamo nelle nostre bollette ENEL per le fonti di energia rinnovabile e che – tramite lo stratagemma della parola “assimilabile” - vengono ripartiti agli imprenditori che investono in inceneritori, centrali turbogas e biomasse, la costruzione di una centrale atomica e la rispettiva produzione di energia elettrica è antieconomica.

Da vent’anni il numero di centrali nel mondo è stabile (circa 440 impianti), e la stragrande maggioranza è costituita da vecchie centrali di seconda generazione (tipo Chernobyl e Three Mile Island). In Australia, dove sono localizzati i maggiori giacimenti di uranio al mondo, non è mai stato costruito alcun impianto nucleare. Per il funzionamento standard annuale di una centrale servono 160.000 tonnellate di materiale, che andrà riprocessato, in modo da poterne ricavare sole 160 tonnellate di uranio utile. Le 159.840 tonnellate di scarto saranno impregnate di prodotti chimici utilizzati per il riprocessamento e conterranno ovviamente isotopi radioattivi. Il costo dell’uranio e del plutonio, fonti esauribili, ha subito una notevole impennata, rendendo tutt’altro che economico l’approvvigionamento, che l'Italia dovrebbe garantirsi dipendendo ancora una volta dall'estero, dal momento che non possiede riserve significative di uranio.

Per non parlare della pericolosità di queste sostanze, che è molto elevata: ad esempio, basta inalare meno di un milionesimo di grammo di plutonio per sviluppare un cancro al polmone. Il tempo di dimezzamento della radioattività del Plutonio è 24.000 anni, mentre l’Uranio-235 ha un tempo di dimezzamento di 704 milioni di anni e l’Uranio-238 di 4,5 miliardi di anni. Sono quindi ridicole le proposte che mirano a risolvere il problema scorie attraverso il loro seppellimento (terra o mare) in cassoni di cemento armato, la cui deperibilità è riconducibile ad un ordine di grandezza di un centinaio di anni.

Perchè quindi non rispondere ai “nuclearisti” con le risorse – pulite e rinnovabili - di cui gode effettivamente il nostro Paese per la produzione di energia elettrica, che è il solo tipo di energia prodotto dalle centrali nucleari? Micro impianti idroelettrici, solare termico, fotovoltaico, eolico domestico consentirebbero un buon approvvigionamento energetico e una maggiore distribuzione delle fonti di produzione. Questo, insieme ad un ripensamento complessivo dei ritmi dei nostri consumi energetici e all'intervento sugli sprechi delle nostre abitazioni e delle strutture produttive, potrebbe costituire una risposta ai bisogni dei cittadini all'insegna di un benessere umano e ambientale, non soggetto ai costi, alle ripercussioni e ai rischi impliciti nel ritorno all'atomo.

giovedì 25 febbraio 2010

Assedio su Gaza e i muri della vergogna (diretta web da Bologna giovedì 25 febbraio ore 20)





Giovedì 25 febbraio dalle ore 20 alle ore 22,30
presso la Sala Silentium, Vicolo Bolognetti 2
(zona San Vitale) Bologna nell'ambito della
manifestazione"Una settimana per Gaza",
interverrà il Senatore Fernando Rossi.
L'iniziativa sarà trasmessa in diretta web sul sito www.perilbenecomune.net
Clicca qui >>

lunedì 4 gennaio 2010

Hera, il business nelle terre di camorra

L'affare bipartisan che fa felice le giunte rosse di Romagna.
L'intreccio politico-imprenditoriale coinvolge la multiservizi dei Comuni romagnoli e le società del sottosegretario Pdl all'Econimia.


IMOLA- Il business dell’energia. Da dieci anni, forse più, ci hanno messo sopra gli occhi in tanti. Ma da sempre, in Emilia Romagna, quando si parla di utenze pubbliche – acqua, luce, gas e rifiuti – gli affari – e le poltrone – se li spartiscono le giunte rosse. Perchè qui, a decidere sono le segreterie del centrosinistra. Di quel PD al secolo Pds. Degli affari delle (ex) municipalizzate – assorbite dal colosso Hera che a sua volta coopta dalla politica locale amministratori pubblici da conveitire in business men – se ne occupano i vertici del partito. Uno schema rodato e collaudato. Ma gli affari sono affari – e quando c’è di mezzo l’energia elettrica – con tutto il corollario di terreni da acquistare e rimettere sul mercato, appalti da affidare e quote azionarie da vendere e ricomprare – il mondo non è altro che un grande paese. Nel paese del dio denaro e del profitto, addio bipolarismo. Destra e Sinistra, da Nord a Sud, tutti compagni. Così capita che l’ex municipalizzata rossa Ami – che da Imola a metà anni ’90 gestiva la distribuzione dell’energia elettrica e che poi è divenuta ConAmi, consorzio partecipato da 23 Comuni, romagnoli e non, che detiene a sua volta l’8,66 di Hera – finisca per fare affari lontano dalla rossa Romagna. Precisamente in Campania. Nelle terre dominate dai Casalesi. Affari che aumentano le entrate delle società della famiglia Cosentino, capitanata dal sottosegretario all’Economia Nicola, come pure le entrate di Hera (nel cui consiglio siede anche il fratello di Nicola, Giovanni Cosentino) e quindi alla voce ‘dividendi’ delle giunte di centrosinistra della beneamata Romagna. La vicenda l’ha cucinata a dovere Il Fatto Quotidiano, il foglio di Travaglio e soci. Tutto inizia dieci anni fa. Nel giugno del 1999. Quando la società Scr – che il Fatto Quotidiano indica come vicina alla famiglia Cosentino ma in mano a una fiduciaria (che ne scherma la proprietà) – compra per tre miliardi e 715 milioni di lire (1,9 milioni di euro) l’area industriale della Pozzi di Sparanise, un prezzo a dir poco stracciato. Ed è qui che entra in gioco la rossa Romagna con l’Almi di Imola (Azienda Multiservizi Intercomunale) – interessata a trovare siti per tirar su centrali energetiche – che entra in contatto con la Scr. L’area in questione, però, non ha ancora tutti i permessi per ospitare impianti di quel tipo. E qui Il Fatto sottolinea di far attenzione alle “coincidenze”: due anni dopo – nel 2001, quando Ami diventa Società AMI S.p.A. (azienda pubblico-privata che detiene l’attività di gestione e vendita di elettricità, gas, teleriscaldamento, smaltimento dei rifiuti e ciclo idrico integrato) il Comune di Sparanise cambia la destinazione d’uso dei terreni. Ami, poco prima di trasformarsi in ConAmi e di “fondersi” in Hera compra l’area in questione da Scr pagandola 9,3 milioni di euro per costruirci una centrale a turbogas da 800 megawatt. Il progetto arriva in Regione (guidata da Bassolino) nel 2004. Sia l’ente regionale che il Ministero del governo Berlusconi danno il via libera. La comunità di Sparanise, vescovo in testa, insorgono. Ma l’affare – e i quattrini – sono già nella cassaforte dei Comuni rossi e di Scr. Hera, infatti, già nel 2003 aveva provveduto a vendere il pacchetto – terreni e autorizzazioni per 11 milioni e 450 mila euro a Calenia Energia, società che deve costruire la centrale. Il 29 settembre 2004 Hera e Scr formalizzano l’acquisto del 15 % del capitale sociale di Calenia Energia. Socio di Hera in questa iniziativa è la svizzera Egl, che detiene il restante 85 % del capitale. La multiservizi emiliano-romagnola era già presente in Calenia Energia con il 10 % attravesro la municipalizzata di Rimini. Nel 2008 Hera Comm Med, società commerciale di Hera (nel cui cda siede Giovanni Cosentino, fratello di Nicola) cui è passato il 15 % della centrale ha guadagnato 40 milioni di euro per 6 milioni e mezzo di utile da dividere tra Hera e Scr. E le ricadute ambientali sul territorio campano a quanto ammontano? Di questo non vi è traccia nei dividendi e nei bilanci delle giunte romagnole e della multiservizi bolognese. Multiservizi che dieci anni dopo l’avvio di quell’affarone, esattamente un mesetto fa, la sua centrale a turbogas l’ha costruita proprio a Imola. Corsi e ricorsi della storia, dunque.
(da La Voce di Romagna)