martedì 2 marzo 2010

Facciamo il Punto sul Nucleare

(di Monia Benini)

Nel 1987 gli Italiani con un referendum avevano già detto no in modo molto netto al nucleare; nonostante questo, nel 2008 il Governo calpesta la volontà espressa dai cittadini, stabilendo il ritorno al nucleare in Italia; pochi mesi dopo, il Primo Ministro sigla con la Francia un accordo palesemente fuori legge, mentre l'ENEL – privatizzata – non si fa scrupoli già da qualche tempo a costruire in Europa dell'Est centrali nucleari con la stessa tecnologia dell'impianto di Chernobyl, prendendo atto che per la tanto decantata “quarta generazione” di impianti dovremmo attendere decenni.

Restando al territorio nostrano, in base alle indicazioni dei Decreti del Governo, avremmo già dovuto conoscere i siti dove saranno localizzate le centrali e stoccate le scorie radioattive, ma per la vicinanza dell'appuntamento con il voto in diverse regioni, per non scontentare l'elettorato, si è preferito rinviare tale indicazione a "tempi migliori". Anzi, come se per questo dovessimo essere più tranquilli, il sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia precisa che "Il percorso prevede che siano fissati dei «criteri per l’individuazione dei siti e di protezione della salute dei cittadini e dell’ambiente», e «da tali criteri si può fare una mappa dell’Italia individuando macro-aree idonee secondo il governo a ospitare una centrale, ma certo non a individuare un singolo sito». Ma quel che è peggio, in base a quanto dichiara Saglia, del luogo preciso di costruzione di una centrale «verremo a conoscenza quando un operatore chiederà al governo di certificare secondo le regole questo sito».

Nel frattempo i media e vari personaggi (non ultimo il prof. Umberto Veronesi) profondono i loro sforzi nello spaccio delle “verità” più opportune a sostenere il grande affare dell'atomo: il nucleare è necessario; il nucleare è sicuro; il nucleare renderà autonoma l’Italia dal punto di vista energetico; tutti paesi stanno investendo nel nucleare, ecc... Così, siccome per molte persone ciò che dice la tivù è “la realtà”, si assiste ad un lento ma inesorabile condizionamento del pubblico, sempre più aperto e disponibile nei confronti di una scelta tanto antieconomica e rischiosa. Come se ciò non bastasse, in molte diocesi italiane è stato distribuito materiale sponsorizzato da ENEL a sostegno del nucleare: sperando che le autorità religiose si siano accorte solo in seguito dell'astuto stratagemma della SpA, non ci sono invece attenuanti per i partiti che in Italia si dichiarano antinuclearisti e spingono per un nuovo referendum, votando poi a favore di decisioni pro nucleare in sede europea.

Sorge quindi spontanea una domanda: qual è l'affaire nucleare se c'è una simile corsa verso l'Eldorado dell'atomo? Documenti alla mano, a meno che per i costruttori/investitori non siano applicati meccanismi distorti e truffaldini come già avviene per la quota CIP 6 che versiamo nelle nostre bollette ENEL per le fonti di energia rinnovabile e che – tramite lo stratagemma della parola “assimilabile” - vengono ripartiti agli imprenditori che investono in inceneritori, centrali turbogas e biomasse, la costruzione di una centrale atomica e la rispettiva produzione di energia elettrica è antieconomica.

Da vent’anni il numero di centrali nel mondo è stabile (circa 440 impianti), e la stragrande maggioranza è costituita da vecchie centrali di seconda generazione (tipo Chernobyl e Three Mile Island). In Australia, dove sono localizzati i maggiori giacimenti di uranio al mondo, non è mai stato costruito alcun impianto nucleare. Per il funzionamento standard annuale di una centrale servono 160.000 tonnellate di materiale, che andrà riprocessato, in modo da poterne ricavare sole 160 tonnellate di uranio utile. Le 159.840 tonnellate di scarto saranno impregnate di prodotti chimici utilizzati per il riprocessamento e conterranno ovviamente isotopi radioattivi. Il costo dell’uranio e del plutonio, fonti esauribili, ha subito una notevole impennata, rendendo tutt’altro che economico l’approvvigionamento, che l'Italia dovrebbe garantirsi dipendendo ancora una volta dall'estero, dal momento che non possiede riserve significative di uranio.

Per non parlare della pericolosità di queste sostanze, che è molto elevata: ad esempio, basta inalare meno di un milionesimo di grammo di plutonio per sviluppare un cancro al polmone. Il tempo di dimezzamento della radioattività del Plutonio è 24.000 anni, mentre l’Uranio-235 ha un tempo di dimezzamento di 704 milioni di anni e l’Uranio-238 di 4,5 miliardi di anni. Sono quindi ridicole le proposte che mirano a risolvere il problema scorie attraverso il loro seppellimento (terra o mare) in cassoni di cemento armato, la cui deperibilità è riconducibile ad un ordine di grandezza di un centinaio di anni.

Perchè quindi non rispondere ai “nuclearisti” con le risorse – pulite e rinnovabili - di cui gode effettivamente il nostro Paese per la produzione di energia elettrica, che è il solo tipo di energia prodotto dalle centrali nucleari? Micro impianti idroelettrici, solare termico, fotovoltaico, eolico domestico consentirebbero un buon approvvigionamento energetico e una maggiore distribuzione delle fonti di produzione. Questo, insieme ad un ripensamento complessivo dei ritmi dei nostri consumi energetici e all'intervento sugli sprechi delle nostre abitazioni e delle strutture produttive, potrebbe costituire una risposta ai bisogni dei cittadini all'insegna di un benessere umano e ambientale, non soggetto ai costi, alle ripercussioni e ai rischi impliciti nel ritorno all'atomo.




Nel 1987 gli Italiani con un referendum avevano già detto no in modo molto netto al nucleare; nonostante questo, nel 2008 il Governo calpesta la volontà espressa dai cittadini, stabilendo il ritorno al nucleare in Italia; pochi mesi dopo, il Primo Ministro sigla con la Francia un accordo palesemente fuori legge, mentre l'ENEL – privatizzata – non si fa scrupoli già da qualche tempo a costruire in Europa dell'Est centrali nucleari con la stessa tecnologia dell'impianto di Chernobyl, prendendo atto che per la tanto decantata “quarta generazione” di impianti dovremmo attendere decenni.

Restando al territorio nostrano, in base alle indicazioni dei Decreti del Governo, avremmo già dovuto conoscere i siti dove saranno localizzate le centrali e stoccate le scorie radioattive, ma per la vicinanza dell'appuntamento con il voto in diverse regioni, per non scontentare l'elettorato, si è preferito rinviare tale indicazione a "tempi migliori". Anzi, come se per questo dovessimo essere più tranquilli, il sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia precisa che "Il percorso prevede che siano fissati dei «criteri per l’individuazione dei siti e di protezione della salute dei cittadini e dell’ambiente», e «da tali criteri si può fare una mappa dell’Italia individuando macro-aree idonee secondo il governo a ospitare una centrale, ma certo non a individuare un singolo sito». Ma quel che è peggio, in base a quanto dichiara Saglia, del luogo preciso di costruzione di una centrale «verremo a conoscenza quando un operatore chiederà al governo di certificare secondo le regole questo sito».

Nel frattempo i media e vari personaggi (non ultimo il prof. Umberto Veronesi) profondono i loro sforzi nello spaccio delle “verità” più opportune a sostenere il grande affare dell'atomo: il nucleare è necessario; il nucleare è sicuro; il nucleare renderà autonoma l’Italia dal punto di vista energetico; tutti paesi stanno investendo nel nucleare, ecc... Così, siccome per molte persone ciò che dice la tivù è “la realtà”, si assiste ad un lento ma inesorabile condizionamento del pubblico, sempre più aperto e disponibile nei confronti di una scelta tanto antieconomica e rischiosa. Come se ciò non bastasse, in molte diocesi italiane è stato distribuito materiale sponsorizzato da ENEL a sostegno del nucleare: sperando che le autorità religiose si siano accorte solo in seguito dell'astuto stratagemma della SpA, non ci sono invece attenuanti per i partiti che in Italia si dichiarano antinuclearisti e spingono per un nuovo referendum, votando poi a favore di decisioni pro nucleare in sede europea.

Sorge quindi spontanea una domanda: qual è l'affaire nucleare se c'è una simile corsa verso l'Eldorado dell'atomo? Documenti alla mano, a meno che per i costruttori/investitori non siano applicati meccanismi distorti e truffaldini come già avviene per la quota CIP 6 che versiamo nelle nostre bollette ENEL per le fonti di energia rinnovabile e che – tramite lo stratagemma della parola “assimilabile” - vengono ripartiti agli imprenditori che investono in inceneritori, centrali turbogas e biomasse, la costruzione di una centrale atomica e la rispettiva produzione di energia elettrica è antieconomica.

Da vent’anni il numero di centrali nel mondo è stabile (circa 440 impianti), e la stragrande maggioranza è costituita da vecchie centrali di seconda generazione (tipo Chernobyl e Three Mile Island). In Australia, dove sono localizzati i maggiori giacimenti di uranio al mondo, non è mai stato costruito alcun impianto nucleare. Per il funzionamento standard annuale di una centrale servono 160.000 tonnellate di materiale, che andrà riprocessato, in modo da poterne ricavare sole 160 tonnellate di uranio utile. Le 159.840 tonnellate di scarto saranno impregnate di prodotti chimici utilizzati per il riprocessamento e conterranno ovviamente isotopi radioattivi. Il costo dell’uranio e del plutonio, fonti esauribili, ha subito una notevole impennata, rendendo tutt’altro che economico l’approvvigionamento, che l'Italia dovrebbe garantirsi dipendendo ancora una volta dall'estero, dal momento che non possiede riserve significative di uranio.

Per non parlare della pericolosità di queste sostanze, che è molto elevata: ad esempio, basta inalare meno di un milionesimo di grammo di plutonio per sviluppare un cancro al polmone. Il tempo di dimezzamento della radioattività del Plutonio è 24.000 anni, mentre l’Uranio-235 ha un tempo di dimezzamento di 704 milioni di anni e l’Uranio-238 di 4,5 miliardi di anni. Sono quindi ridicole le proposte che mirano a risolvere il problema scorie attraverso il loro seppellimento (terra o mare) in cassoni di cemento armato, la cui deperibilità è riconducibile ad un ordine di grandezza di un centinaio di anni.

Perchè quindi non rispondere ai “nuclearisti” con le risorse – pulite e rinnovabili - di cui gode effettivamente il nostro Paese per la produzione di energia elettrica, che è il solo tipo di energia prodotto dalle centrali nucleari? Micro impianti idroelettrici, solare termico, fotovoltaico, eolico domestico consentirebbero un buon approvvigionamento energetico e una maggiore distribuzione delle fonti di produzione. Questo, insieme ad un ripensamento complessivo dei ritmi dei nostri consumi energetici e all'intervento sugli sprechi delle nostre abitazioni e delle strutture produttive, potrebbe costituire una risposta ai bisogni dei cittadini all'insegna di un benessere umano e ambientale, non soggetto ai costi, alle ripercussioni e ai rischi impliciti nel ritorno all'atomo.