Cronache dei rifiuti di Argelato
Di Stefano Bandiera
Argelato è un piccolo comune fuori Bologna, ed è sempre stato un virtuoso della raccolta differenziata, ottenendo risultati interessanti già con la raccolta stradale, grazie alla felice intuizione di coinvolgere le attività industriali del territorio a differenziare i rifiuti e provvedere al loro ritiro, un cancello a cancello come fosse un porta a porta.
È stato uno dei primi comuni italiani a introdurre la raccolta dei rifiuti Porta a Porta ed è probabilmente questo il motivo del fallimento raggiunto tramite referendum abrogativo svoltosi il 23 novembre 2008.
Sicuramente l’esperienza è servita. Il comune di Monte San Pietro ha fatto tesoro degli errori commessi per inesperienza ad Argelato ed è riuscito a proporre ai suoi cittadini lo stesso sistema di raccolta PaP senza incappare negli stessi problemi ed accontentando la popolazione che pare entusiasta del metodo.
Forse altri comuni potranno riuscire, grazie all’esperienza fallimentare di Argelato a proporre il PaP ai cittadini in modo migliore ed efficiente, come nel comune di Monte San Pietro.
Partiamo dall’inizio.
Alcuni cittadini hanno sempre fatto la raccolta differenziata, continueranno a farlo con qualsiasi sistema di raccolta, e quindi è naturale che per loro non cambi nulla se i bidoni sono in casa o in strada, comunque vada differenziano i rifiuti. Ecco perché ritengo che chi è dotato di senso civico può fare a meno dei bidoni in casa. Come fanno i cittadini svizzeri ad esempio.
Lo scopo del PaP, è verso quegli utenti che rifiutano spontaneamente la raccolta differenziata, obbligando coloro che non la fanno a conviverci, a sopportare quantità di materie “prime secondarie” in casa gestendo il loro ingombro e iniziando per questo a capire, che è necessario cambiare modo di fare gli acquisti, evitando gli imballi inutili e quegli oggetti che dopo poche ore finiscono il loro ciclo di vita nella nuova pattumiera di casa, dovendo anche decidere se infilare il rifiuto in quella della carta, plastica o vetro.
Il PaP è un mezzo per comprendere che modificando i propri acquisti, si possono ridurre i rifiuti.
Se vuoi evitare di riempire subito i bidoni che tieni in casa, devi cambiare qualcosa nel modo in cui fai i tuoi acquisti.
Compra meno cose.
Ma soprattutto compra cose che ti servono veramente con meno imballaggi.
Ecco l’essenza dei rifiuti.
All’origine del fallimento del PaP di Argelato c’è sicuramente, tra le cause, il modo con cui è stato presentato il servizio ai cittadini, che non ha rispettato i tempi di assimilazione della popolazione generando attriti contro l’amministrazione. L’amministrazione, prevalentemente DS, si è quindi trovata contro molti cittadini che non hanno compreso i motivi di questo tipo di raccolta. Va segnalato inoltre che l’orientamento dei cittadini contro questo sistema, è di ogni tipo di colore politico e sociale.
I problemi non sono solo dell’amministrazione.
Durante le interviste che ho fatto per scrivere questo articolo, ho scoperto che le cose funzionano meglio del previsto in alcuni campi.
GEOVEST, ad esempio è una srl creata da 11 comuni per la raccolta dei rifiuti e per la gestione di alcuni servizi come ad esempio la manutenzione e l’efficienza energetica degli impianti degli associati.
Questa srl di fatto è un impresa che genera utile, ma per volere dei “proprietari” che sono i comuni, cioè noi, reinveste l’utile migliorando i servizi o abbassando le tariffe, che per la raccolta dei rifiuti sono le più basse della provincia. Tariffe che vengono comunque controllate e approvate da un’ente provinciale apposito denominato ATO5. Esso valuta varie cose, anche che il servizio offerto e il compenso richiesto siano congrui.
Dove proprio il sistema si inceppa è dopo la raccolta.
Mi sembra interessante segnalare, che, se un carico di rifiuti di plastica indirizzato al riciclaggio, contiene una percentuale troppo elevata di non imballaggi, il carico viene declassato, fino ad arrivare al rifiuto di ritiro, quindi:
possono andare al riciclaggio solo gli imballaggi che generano contributi dal CONAI.
Le materie “prime secondarie” magari più nobili, preziose e riciclabili non possono essere riciclate solo perché non sono imballaggi, nonostante abbiano il triangolino di prodotto riciclabile e la definizione del polimero (PP, PE, ecc.) che ne dimostra l’effettiva possibilità di riutilizzo.
Insomma prima ci dicono di separarli, e dopo la raccolta, li mettono in discarica, se va bene, o se va male, all’incenerimento.
La plastica, è uno dei rifiuti più critici, da un lato è quasi totalmente riciclabile, dall’altro è uno dei rifiuti che bruciato emette una notevole quantità di elementi altamente cancerogeni.
Questa lacuna, è a livello nazionale, è la legislazione attuale che la inquadra nel modo che vi ho descritto, e quindi chi segue i tradizionali canoni di smaltimento come GOVEST non può di fatto mandare al riciclaggio null’altro che imballaggi, è però da segnalare che il problema sta diventando importante e stanno cercando pur senza troppa fretta di trovare una soluzione.
È evidente che il sistema di trattamento di materie prime, perché i rifiuti sono di fatto materie prime, dopo la raccolta dalle nostre case ha delle notevoli lacune, forse HERA che gestisce molte di queste situazioni ha interesse ad alimentare gli inceneritori con materiali che abbiano un potere calorifico elevato, come la plastica non imballaggio accennata prima, plastica che bruciata produce diossina, emessa comunque anche se vi sono sistemi di abbattimento dei fumi, che se funzionassero come ci fanno credere sarebbe l’invenzione del secolo. Leggendo un qualsiasi testo di chimica e di fisica della combustione ci si pone il ragionevole dubbio che dagli inceneritori esca comunque qualcosa. Il problema semmai è rilevarlo, anche se ormai è più una questione di volontà che di altro.
A voler prendere in considerazione la pura chimica, il solo ossido d’azoto, NOx, prodotto durante qualsiasi combustione e quindi anche dagli inceneritori, è più che sufficiente da solo, per la sua cancerogeneità, a fermare questo tipo di impianto. Bruciare plastica produce diossina ed è quindi evidente che è un attentato alla nostra salute che è meglio evitare.
Comunque per aiutare HERA nel conferimento di materie prime ad elevato contenuto calorifico è intervenuta anche la commissione europea, che da una parte dice che bisogna incrementare la raccolta differenziata, mentre dall’altra impedisce la raccolta di plastica che non sia imballaggio.
L’impressione è che i cittadini, per un sesto senso di cui sono ignari, abbiano intuito che è una farsa l’attuale sistema dei rifiuti, e che a questo punto non ha senso fare la raccolta PaP. Tanto vale continuare a buttare ogni cosa nel cassonetto, tanto poi finisce comunque nell’inceneritore, il cittadino almeno non deve litigare con sei bidoni in casa al posto di uno in strada.
Va segnalato che entro febbraio 2009 il comune dovrà trovare una alternativa alla raccolta PaP in accordo con i vari comitati e alcuni tecnici. Alcuni soggetti che decideranno le cose però non conoscono se non molto marginalmente gli aspetti legati ai rifiuti, come raccolta, riciclaggio, incenerimento e discariche.
Questo aspetto risulta il più inquietante. Alcuni che decidono dei nostri rifiuti sono di fatto incompetenti in materia, e decideranno esclusivamente su informazioni incomplete. Potranno essi prendere le decisioni giuste? O decideranno solamente per il loro comodo di evitare la gestione dei bidoni in casa, scaricando come bene sappiamo fare in Italia il problema sulle spalle di altri.
Bruciare rifiuti all’inceneritore è un problema di salute prima, ambientale poi.
Gestire una discarica è un problema ambientale prima, di salute poi.
È evidente che il trattamento meno pericoloso dei rifiuti in assoluto è evitare di produrli, e se è proprio necessario produrli, è meglio se vengono riciclati.
Avere i bidoni del PaP in casa vi sembra ancora un problema insormontabile?
A febbraio vi farò sapere come finisce la cronaca dei rifiuti di Argelato.
tabella fornita da GEOVEST "Destinazione 2007"
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